Le teorie antivacciniste provengono da un’oscura galassia di interessi economici e di pregiudizi culturali riguardanti la scienza. Gli espedienti disonesti con cui vengono diffuse denunciano una sconcertante torbidezza d’intenti: cosa si nasconde dietro all’antivaccinismo italiano?
Nel nostro primo articolo abbiamo visto fino a che punto i vaccini siano imprescindibili per i singoli individui come per le comunità di cui fanno parte, oltre a ribadire l’ovvietà che le case farmaceutiche guadagnerebbero molto di più – con un rapporto di 1 a 24 – commercializzando la pletora di farmaci necessari a curare numerose infezioni, prevenibili con poche dosi di vaccino.
La disinformazione degli antivaccinisti si è spinta a dichiarare, in modo a dir poco contraddittorio, che non esistono studi sulla sicurezza dei vaccini, perlomeno non in sufficiente quantità ed estensione, mentre fra questi ce ne sarebbero innumerevoli e serissimi a dimostrazione della loro pericolosità. Nel nostro precedente articolo abbiamo illustrato il contenuto, i procedimenti e i risultati dell’enorme mole di studi che confutano ogni associazione fra le vaccinazioni e le più svariate condizioni patologiche, e abbiamo mostrato come i comportamenti disonesti degli “esperti” antivaccinisti e dei loro sostenitori (citazioni fuorvianti di verità scientifiche al di fuori del loro contesto, falsificazione od omissione di dati, affermazioni di luoghi comuni consolidati per confutare principi medici) siano così frequenti da costituire la regola, non l’eccezione. Quando gli antivaccinisti non riescono a far credere che esista una controversia in seno alla comunità scientifica, sono costretti a ripiegare sulla criminalizzazione della scienza ufficiale attraverso la teoria del complotto, nonché sul ricorso a prove non scientifiche e ad argomentazioni di natura emotiva che, nel corso dell’articolo, mostreremo per quello che sono.
Finora, tuttavia, non abbiamo risposto ad alcuni interrogativi davvero scottanti: chi sono coloro che propagano la frode della pericolosità e dell’inutilità dei vaccini? Quali interessi, quali convinzioni li spingono a farlo? Non c’è una sola risposta a queste domande, così come non c’è una sola categoria di antivaccinisti: tralasciando i cittadini dubbiosi che preferiscono “non rischiare” con i vaccini, ci sono i simpatizzanti dei movimenti antivaccinisti, i membri a pieno titolo di queste organizzazioni e, infine, i loro leader, di formazione scientifica o meno. Ognuno di questi gruppi agisce per motivazioni diverse, ma impiegando le stesse tattiche e facendo leva sugli stessi sentimenti e pregiudizi, con il comune obbiettivo di accattivarsi nuovi proseliti.
Per concludere, ci dedicheremo alle motivazioni del successo della frode antivaccinista, alla deplorevole condotta dell’opinione pubblica italiana, nonché ad alcuni vantaggi e inconvenienti della nuova, controversa legge sulle vaccinazioni.
Smontiamo il complotto
Proprio per il loro larghissimo utilizzo, oltre che per la loro antica data di nascita (Jenner nel 1796, ben prima dell’avvento dell’oscuro potere di Big Pharma), i vaccini sono con ogni probabilità i farmaci più studiati e sorvegliati della storia, e continuano ad essere monitorati di anno in anno. La domanda che chiunque dubiti della loro affidabilità dovrebbe porsi è molto semplice: quali sono i criteri per ritenere attendibili i relativi studi di sorveglianza? A parte quello scontato dell’aderenza all’oggetto di studio, il principe dei criteri, il pilastro su cui si fonda la validità di qualsiasi esperimento scientifico, è quello della riproducibilità, che presuppone una descrizione completa, scrupolosa e dettagliata ai limiti del maniacale dei risultati, dei materiali e delle metodologie impiegate. In questo modo, qualunque altro esperto volesse replicare l’esperimento è messo in condizione di farlo. Se per caso o per artificio i risultati fossero falsati, lo si capirebbe una volta riprodotto l’esperimento un ragionevole numero di volte: i risultati delle riproduzioni, infatti, si discosterebbero in modo significativo da quelli dell’esperimento originario. Se poi le metodologie impiegate fossero errate, lo si capirebbe alla prima lettura del paper.
La non riproducibilità e l’assenza di altri elementi imprescindibili per uno studio degno di tale nome, come la presenza di un gruppo di controllo e la numerosità del campione, hanno portato la comunità scientifica a non poter ritenere attendibili gli “studi” finora presentati dagli antivaccinisti, indipendentemente dalle conclusioni fuorvianti (Montanari) o addirittura falsificate (Wakefield). Al contrario, alterare i risultati di un esperimento condotto con tutti i crismi e farli passare per buoni per più di qualche anno è impossibile, a patto che l’esperimento venga riprodotto. Del che si fanno garanti le principali istituzioni scientifiche internazionali, coadiuvate da uno sterminato numero di ricercatori indipendenti.
Riguardo alle vaccinazioni, tuttavia, c’è chi è convinto che l’intera comunità scientifica internazionale stia volutamente mentendo. Si converrà che questo non è complottismo: è il labile confine con una sindrome paranoica. Si potranno anche corrompere i ricercatori di uno, due, tre studi: ma di svariate migliaia di studi? Vi può essere un complotto quando sono implicate poche persone, ma è possibile coinvolgere un numero così grande di addetti ai lavori, per giunta senza che nulla trapeli nell’arco di decenni? E come comprare l’opinione del pubblico planetario di esperti che esamina quegli studi? La prova del silenzio in questo caso è schiacciante, e a nulla vale esibirsi nell’abusata frase a effetto sul conflitto d’interessi, come se tutti gli sperimentatori, gli studiosi e gli specialisti del mondo fossero sul libro paga delle case farmaceutiche. Ma allora, vien da chiedersi, se non vi sono evidenze sperimentali che smentiscano la comunità scientifica, su cosa si fonda la teoria del complotto?
La fallacia delle prove non scientifiche
Certi showmen antivaccinisti, una volta falliti nel tentativo di convincere gli astanti sull’affidabilità di quelli che amano chiamare «i veri studi sui vaccini», sono soliti ammantarsi di indignazione virtuosa ed esclamare come tali studi non siano necessari, perché i danni dai vaccini sarebbero “sotto gli occhi di tutti”. Se la frase retorica, il tono sincero e la gestualità da paladino della giustizia non suscitano l’agognato applauso, essi procedono nell’elencazione di tutta una serie di situazioni in cui la verità di ciò che sostengono sembrerebbe palese, ma che in realtà hanno fondamenta nemmeno d’argilla, piuttosto di cartone bagnato.
Il grande classico sono le storie orrorifiche, raccontate da genitori in lacrime, su come il loro bambino sia diventato autistico qualche tempo dopo una vaccinazione. Sarebbe imperdonabile mettere in dubbio la buonafede di queste persone distrutte dal dolore: semmai è da condannare lo spregevole comportamento di chi ha approfittato della loro disperazione per illuderli con una spiegazione fuorviante. Ora, se gli studi di sorveglianza hanno dimostrato che la percentuale di individui affetti da autismo tra la popolazione vaccinata non è superiore rispetto alla popolazione non vaccinata, com’è possibile che queste storie siano reali? È soltanto una coincidenza? Certo che no: infatti l’autismo, o per meglio dire i disturbi dello spettro autistico (essendo non una, ma diverse sindromi con alcune caratteristiche in comune, variabili tuttavia per gravità e per il tipo di funzioni cognitive ed emozionali interessate) diventano diagnosticabili solo a partire dalla fine del primo anno di vita, nello stesso periodo in cui si sta completando il primo ciclo vaccinale. Tra l’undicesimo e il quindicesimo mese di vita vengono somministrate, in totale, almeno due dosi di diversi vaccini. Ogni anno vengono diagnosticati migliaia di nuovi casi di autismo; poniamo tuttavia, per comodità, che i nuovi casi siano soltanto 365 ogni anno, uno al giorno. Nella finestra temporale di circa 120 giorni in cui l’autismo è diagnosticabile e si eseguono vaccinazioni, avremo quindi centoventi nuove diagnosi: non solo, ma per una mera questione statistica, quasi sicuramente almeno due di esse avverranno il giorno stesso di una delle due vaccinazioni o nella settimana successiva. E stiamo sottostimando notevolmente il numero dei nuovi casi diagnosticati!
Naturalmente, come convincere quei genitori che il loro figlio è autistico per una mera, tremenda casualità? Quale forza di persuasione ha una verità matematica di fronte al loro dolore? Essi devono credere che qualcuno sia imputabile della loro tragedia, devono crearsi un nemico umano per combatterlo e dare così senso a tanta sofferenza, soprattutto se a convincerli di ciò sono gli stessi che intendono vendergli delle cure non scientifiche per l’autismo, come vedremo a breve. La realtà che quei genitori non riescono a comprendere è che la malattia del loro bambino non è iniziata il giorno della diagnosi, ma solo allora è stato possibile scoprirla. Le ricerche più recenti concordano sulla presenza di fattori genetici alla base della comparsa di questa malattia, i cui primi segni parrebbero essere già rilevabili nel periodo prenatale.
Il discorso della coincidenza temporale è valido per diverse altre malattie falsamente attribuite ai vaccini. Un esempio su tutti: a Biella, nel 1997, assurse agli onori della cronaca il caso di un neonato che morì di SIDS (morte improvvisa del neonato nella culla) due giorni prima della prima vaccinazione. Se il piccolo fosse deceduto due giorni dopo, cosa avrebbero creduto i suoi genitori? Questo genere di prova non scientifica è il classico caso in cui un sentimento intenso e autentico, quello dei genitori, ma basato su un’errata interpretazione dei fatti, viene usato contro la fredda ragione degli studiosi: agli occhi di un non esperto non c’è partita.
Di un altro tipo di prova non scientifica fornisce un chiaro esempio il recente caso del vaccino Infanrix Hexa. Secondo un buon numero di antivaccinisti, la casa farmaceutica produttrice avrebbe nascosto un documento segreto, eroicamente rinvenuto, in cui si afferma che il vaccino ha causato l’autismo in un certo numero di soggetti a cui era stato somministrato. La realtà è che quel documento di farmacovigilanza, uno dei molti che le cause farmaceutiche inviano regolarmente, di anno in anno, all’EMA e alle varie agenzie nazionali del farmaco nell’Unione europea, (ben poco segreti, quindi) riportava, secondo una procedura consolidata, tutti gli eventi verificatisi nel periodo successivo alla vaccinazione. Nell’elenco sono pertanto presenti casi di «sensazione di rilassamento», di «morso di artropode», «operazioni neurochirurgiche», «infestazioni parassitarie» e, persino una «sindrome da maltrattamento del bambino». Ciò vuol forse dire che un vaccino può indurre un’altra persona a malmenare un bambino? Certo che no, si tratta solo di una procedura di segnalazione di eventi volta a raccogliere il numero di dati più ampio possibile. Questa vicenda conferma soltanto la grande capacità degli antivaccinisti di partire da una briciola di verità per stravolgerla completamente. Del resto, cosa ci si può aspettare da chi prima dichiara che tutta la comunità scientifica è al soldo dalle case farmaceutiche, e poi basa le sue argomentazioni sul contenuto di un documento diffuso proprio da una casa farmaceutica?
Un’ulteriore prova non scientifica spesso portata in causa dagli antivaccinisti è quella delle sentenze di Tribunale che condannano le Asl o il Ministero della Sanità a risarcire i “danneggiati da vaccino”, riconoscendo, in casi come quelli di cui sopra, che il vaccino sia il responsabile di una patologia ad esso non correlata scientificamente. Ora, precisando che queste sentenze non sono molte, anche se di certo fanno più notizia di quelle che assolvono i vaccini, e che spesso vengono ribaltate in appello, si converrà che non è davvero il tribunale la sede adatta a decidere su una questione scientifica. Quelle sentenze si basano sul principio squisitamente giuridico che se un evento B segue a un antecedente A, non è possibile escludere la presenza di un nesso di causalità.

Per giudicare un processo di natura scientifica il giudice, non avendo una formazione adeguata per ricostruire gli avvenimenti, deve affidarsi a un perito. Tuttavia, non avendo una formazione adeguata, il giudice non è nemmeno in grado di giudicare l’affidabilità del perito, eppure è l’unico a poterlo scegliere, non essendo previsto l’intervento di una commissione di esperti che valuti la scelta. In Italia i criteri per la selezione di un perito sono alquanto insoddisfacenti, per usare un eufemismo: basta esibire un titolo di studio specifico, qualificarsi come esperto della materia trattata nel processo e accreditarsi di fronte al giudice, iscrivendosi a un apposito albo (artt. 191 e ss. cod. proc. civ.; artt. 220 e ss. cod. proc. pen., a seconda della natura civile o penale della causa). Tuttavia un giudice può non sapere che un oculista, ad esempio, non è un immunologo o un neuropsichiatra (anche se sono tutti laureati in Medicina e Chirurgia) e non è certo quindi il più adatto a giudicare se un vaccino può provocare o meno l’autismo. Inoltre alcuni di questi periti, per convenienze che vedremo, sono interessati a distorcere la verità scientifica, e spesso e volentieri possono farlo senza contraddittorio.
Il giro d’affari dei leader antivaccinisti
I simpatizzanti dei movimenti contrari ai vaccini, così come i loro membri, parlano spesso di conflitto di interessi da parte della comunità scientifica. Così facendo, essi rivestono i loro leader (medici, ricercatori o amatori che siano) di un’autorità superiore: essi infatti, a prescindere dalla validità delle loro argomentazioni, si fanno forti della loro indipendenza, del loro disinteressato servizio della collettività. Forse lo splendore di tali figure semidivine, il loro rifulgere di bontà, la loro aura di profeti della vera scienza è così luminosa da accecare i loro seguaci, impedendogli di scrutare al di là delle loro maschere rassicuranti. Per loro sfortuna, tuttavia, non mancano le persone provviste di ottimi occhiali da sole.
Alcuni esperti antivaccinisti, ben noti al grande pubblico italiano, sollevano dubbi fin dalla lettura del loro curriculum. Roberto Gava ed Eugenio Serravalle, ad esempio, sono ferventi sostenitori di cure omeopatiche che hanno spesso applicato ai loro pazienti dietro compenso. Nonostante l’omeopatia (che in molti confondono a torto con l’erboristeria e con altre pratiche di medicina arcaiche) a un secolo e mezzo dalla sua nascita non sia ancora riuscita a dimostrare un’efficacia superiore a quella del placebo, malgrado i suoi costi non è certo illegale. Sempre che non la si presenti come panacea di tutti i mali per aumentare i propri guadagni, o addirittura come rimedio a “danni da vaccino”, scientificamente smentiti. Gava e Serravalle, a differenza di altri, non sembrerebbero essersi spinti a tanto, ma sono stati radiati dall’Ordine dei medici per aver promosso (per loro stessa ammissione senza nemmeno l’abbozzo di uno studio) questo tipo di convinzioni in veste di relatori e partecipanti di numerosi convegni, organizzati e sponsorizzati da associazioni antivacciniste.
Altri luminari, come l’oculista Franco Verzella e il medico legale Fabrizio Niglio, non sembrerebbero davvero le persone più adatte ad esprimere giudizi in materia di vaccinazioni, eppure sono stati periti in diverse cause intentate da famiglie che attribuivano la colpa dell’autismo dei loro figli alle vaccinazioni. A conferma della scarsa o nulla vigilanza sulla selezione dei periti, Verzella è il presidente in Europa delle organizzazioni che applicano il metodo DAN!, una cura-truffa per l’autismo demolita da ogni studio (1). Lo stesso metodo viene difeso con le unghie e coi denti, ma non con i dati, dalla pediatra Gabriella Lesmo (ormai notissima per via della sua lettera aperta a Paolo Mieli, infarcita di bufale) nonché, sotto lo pseudonimo di Protocollo Montinari, da colui che è stato il protagonista di una delle più losche vicende dell’antivaccinismo italiano: Massimo Montinari.
Il Protocollo Montinari, così come il metodo DAN! e chissà quante altre oscure varianti propinate a famiglie disperate da ciarlatani e medici disonesti, conoscono purtroppo una notevole diffusione. Si tratta di cure basate sul presupposto che l’autismo sia provocato da un’intossicazione cronica, ovviamente non rilevabile da alcun test clinico, cagionata da sostanze tossiche che sarebbero contenute in particolar modo nei vaccini e in certi alimenti. La cura, nel caso del metodo DAN!, consiste in diete a base di cibi sani e integratori minerali e vitaminici per “purificare” l’organismo, nonché in pomate che dovrebbero rimuovere questi introvabili eccessi di composti nocivi dai tessuti. I più esaltati sottopongono i soggetti autistici a inutili, dispendiose e pericolosissime terapie a base di farmaci chelanti e sedute in camera iperbarica.
Le organizzazioni che commercializzano questo protocollo lavorano nella più completa autoreferenzialità: non pubblicano dei dati da far esaminare alla comunità scientifica, non commissionano studi per indagare sulle cause dell’autismo, e non sono nemmeno in grado di mostrare analisi comparative che dimostrino tanto la validità della loro ipotesi tossica quanto l’efficacia del loro metodo curativo, a differenza dei ricercatori che li hanno più volte smentiti. Si limitano a descrivere, con toni estatici, la loro esperienza clinica, dalla quale risulterebbero miracolosi miglioramenti… Naturalmente la comunità scientifica non può accettare ciò che viene confutato e non provato, e così rimangono solo loro, i pochi custodi del vero sapere e unici dispensatori della redditizia cura, il cui intero costo (diagnosi, visite periodiche, farmaci, integratori, alimenti particolari, soggiorni in istituti di loro proprietà) è a carico delle sfortunate famiglie, che rimpinguano di buon grado le casse dei loro truffatori.
Meglio di mille altre parla la vicenda di Massimo Montinari, guru dell’antivaccinismo italiano, irriducibile fautore della teoria tossica e vaccinale alla base dell’autismo, perito ben pagato di dozzine di processi contro le Asl e il Ministero della Sanità, allergico a ogni dimostrazione sperimentale delle proprie teorie. Il protocollo che porta il suo nome pretende di sconfiggere l’autismo con una dieta simile a quella di DAN!, priva di glutine e di latte di mucca, somministrando fermenti lattici e costosi farmaci omeopatici per depurare l’organismo. All’inizio dell’inchiesta che portò alla sua sospensione dall’Ordine, comparve sulle prime pagine dei giornali un’intervista (2) ai genitori di un bambino a cui era stato diagnosticato l’autismo, che furono convinti da un’associazione antivaccinista a rivolgersi a Montinari. La madre racconta di come costui abbia iniziato a carpire alla famiglia somme di denaro sempre più ingenti: dapprima ci furono più di venti visite, al risibile prezzo di 250 euro l’una; poi, una volta convinti i genitori a intraprendere azioni legali, si dovette pagare la perizia con qualche migliaio di euro. Un’altra madre, pentita della sua scelta, raccontò in un’intervista televisiva (3) di aver dovuto spendere oltre seimila euro in pochi mesi, e di essere stata cacciata in malo modo dallo studio di Montinari quando, non riscontrando alcun miglioramento, trovò il coraggio di esporre le sue perplessità. Disse, inoltre, di aver conosciuto famiglie che si erano vendute la propria casa pur di pagare quelle inutili cure, che consistevano nella somministrazione di anche due dozzine di pseudo-farmaci al giorno, commercializzati da ditte legate all’illustre dottore.
Quando una famiglia sprofonda nell’incubo dell’autismo, ogni speranza sembra morire. La medicina non conosce ancora esattamente le cause di questa patologia, e sul fronte delle cure la situazione non è certo migliore: i lunghi percorsi di psicoterapia riescono a ottenere miglioramenti di una certa portata solo nei casi meno gravi. L’assenza di cure risolutive è inaccettabile per le famiglie di quegli sfortunati bambini. La guarigione miracolosa, la via di fuga immediata, il risveglio dall’incubo è ciò che i malati, e chi è loro vicino, desiderano più di ogni altra cosa, e sono disposti pagare qualsiasi prezzo pur di crederci. Nelle tenebre non si va per il sottile: la prima luce che si trova la si segue. I venditori di menzogne sfruttano il fatto che oggi, riguardo alla salute e a molti altri ambiti, la prima fonte di conoscenza non sono più i professionisti, ma Internet, e su Internet tutto è sullo stesso piano: si visualizza prima il risultato più popolare, non il più affidabile. Nella Rete quelle famiglie scelgono la loro caduta. Un linguaggio dal suono scientifico, le commoventi testimonianze riportate su siti trappola vengono ritenute sufficienti garanzie di affidabilità. Non è quello il momento di interrogarsi sull’autenticità di ciò che leggono: la lucidità è troppo poca, la voglia di sperare troppo grande. Si arriva così al fatidico incontro carichi di aspettative che non possono essere deluse. Il taumaturgo antivaccinista di turno offre loro un colpevole per l’autismo del bambino: come non crederci, a fronte dell’assenza di cause specifiche? Vende loro una cura rivoluzionaria ed efficace: chi sceglierebbe di non seguirla, rimanendo di propria volontà nella disperazione? Vengono sedotti dal falso luminare che si trova di fronte a loro, dicendo tutto quello che vogliono sentirsi dire, affascinandoli con un linguaggio specialistico che non possono giudicare e che desiderano solo ritenere veritiero. L’ultima ombra di sospetto viene messa a tacere dall’intima convinzione di non aver nulla da perdere. Si chiedono: «Perché no?» e non badano a spese, per quanto incongrue.
Le “cure” proposte scimmiottano in molti casi quelle indicazioni generali, ben conosciute da tutti, per condurre uno stile di vita sano; la dicitura “omeopatico” fa il resto. Tutto suona come rassicurante, familiare, addirittura in armonia con una nebulosa, fiabesca idea di naturalità della condizione umana. Il vero colpo di genio, però, è la spiegazione tossico-vaccinale dell’autismo: dal punto di vista dei guaritori antivaccinisti essa serve al duplice scopo di screditare la medicina ufficiale, aumentando quindi la fiducia nella “medicina” alternativa di cui loro fanno parte, e di suffragare la validità di tutte le loro cure così vecchio stile e allettanti. Ma è ciò che questa teoria suscita nelle menti degli antivaccinisti ad essere degno del più grande interesse, e ne parleremo tra qualche riga. Dal punto di vista dei genitori dei bambini autistici conta solo il loro implacabile desiderio di guarigione, per soddisfare il quale sono disposti a bere tutto ciò che si trova nello stesso calice.
È per alimentare lo sporco affare delle pseudo-cure che la frode della causa vaccinale dell’autismo viene perpetuata, assieme a ogni altra straconfutata menzogna che possa far diminuire la fiducia nei vaccini. Conviene non solo agli esperti del raggiro di cui sopra, ma anche agli avvocati specializzati nelle cause che abbiamo descritto, come l’ormai celebre Luca Ventaloro, nonché a tutte le varie organizzazioni a loro affiliate, sia che vendano cure per i “danneggiati da vaccino” o che vivano delle donazioni di chi si illude di contribuire a una nobile causa, a cominciare da Comilva. Non si tratta di un complotto: è tutto alla luce del sole, per chi voglia vedere.
Cosa credono gli antivaccinisti e i loro simpatizzanti
Abbiamo visto che le teorie antivacciniste hanno innanzitutto un’origine strumentale: sono il ponte verso le false cure per patologie attribuite ai vaccini, l’esca per finanziare organizzazioni che si battono contro le vaccinazioni. Tuttavia non si può certo sostenere che tutti gli antivaccinisti siano in malafede, anzi: tranne i vertici manipolatori, si può affermare che la maggior parte di loro dia prova di un sincero ed esemplare attivismo, seppur male indirizzato. È soltanto un fraintendimento della verità scientifica a conferire loro quella dedizione alla causa al limite del fanatismo, o c’è forse dell’altro? E come mai le loro posizioni, per quanto smentite, hanno così tanta popolarità?
La verità è che il dibattito sulla correttezza scientifica delle teorie antivacciniste entra in gioco solo in un secondo momento: quello che conta davvero è la loro plausibilità all’interno del contesto storico e culturale del nostro tempo. La nostra società, così come il nostro sapere, sono divenuti estremamente complessi in tutti i loro ambiti. Per chi è privo di una formazione specialistica o di un eccezionale intelletto critico, l’economia, la legge, i fenomeni sociali, le discipline scientifiche appaiono come oscuri Behemoth dall’anatomia imperscrutabile. Chiunque si soffermi a osservarli non può che sentirsi perduto nella propria, irrimediabile posizione di inferiorità; quello che si avverte con più intensità, tuttavia, è un sentimento di diffidenza, di paura. Troppe volte autorità e potenti di ogni sorta hanno sfruttato la complessità di quello che alcuni chiamano, rifacendosi a un termine informatico, il nostro “sistema”, volgendola a loro vantaggio per ingannare e illudere, per trarne un profitto economico o per aumentare il proprio potere, sottraendo alla collettività diritti e ricchezze, e persino danneggiando la salute delle persone e l’ambiente in cui vivono. La tecnologia, sin da quando ha iniziato ad avere una tale centralità nella civiltà mondiale, si è sovente dimostrata una sorta di instrumentum diaboli, dai fini ambigui e dagli effetti devastanti, e come tale viene spesso percepita: basti pensare agli effetti della bomba atomica, dei motori alimentati da combustibili fossili, dei metodi di fabbricazione inquinanti e alienanti. Il sospetto verso la tecnologia (e verso la scienza che la rende possibile) è così diventato non soltanto un riflesso condizionato, ma anche la condizione mentale più adatta a giudicarne risultati e sviluppi.
In molte persone è però scaturito un altro riflesso, meno saggio ma ben più irresistibile: quello del rifiuto. Queste persone, sconvolte dall’inquietante oscurità di ciò che è artificiale, cullano dentro di sé il mito di una condizione arcaica e naturale, di un paradiso perduto, o meglio distrutto dagli uomini. Di fronte alle problematiche tecnologiche formulano un giudizio inconscio che suona pressappoco così: «Molte tecnologie sono pericolose, inutili, ingannevoli, quindi di certo saranno tali tutte le tecnologie che sono in contrasto con la mia idea di naturalità della condizione umana». È una convinzione che non richiede conoscenze o capacità critiche approfondite, ma solo l’impeto (così piacevole!) dell’indignazione virtuosa: di fronte alla questione specialistica, così indecifrabile allo sguardo della ragione, si torna a sentirsi padroni e giudici a prescindere, in base a un pregiudizio emotivo. Quando si tratta della medicina poi, e di una questione che ci riguarda così da vicino come quella delle vaccinazioni, questo meccanismo diventa prepotente: e cosa potrebbe sembrare più innaturale di un farmaco iniettato a chi è sano, violando il suo corpo con l’ago di una siringa…
Esiste una soluzione a questi preconcetti? Per gli antivaccinisti più fanatici no. Per chi si pone delle domande sì: il rimedio è in mano alla comunità scientifica, e consiste nell’ascoltare i dubbi e nel provare a colmare la disparità di conoscenze, non esitando a smascherare chi sembra onesto ma non lo è. Trattando da criminali e fanatici i molti cittadini dubbiosi, digiuni di questioni scientifiche, illusi dall’apparente scomparsa delle infezioni prevenibili, convinti dalle tattiche sopra illustrate, suggestionati dal clima dei nostri tempi, si rischia di consegnarli agli antivaccinisti, che invece paiono prestare ascolto ai loro dubbi e fornire loro una risposta morale e scientifica.
Vista in questa luce, la nuova legge sulle vaccinazioni – il c.d. decreto Lorenzin – presenta pregi e difetti. Il calendario vaccinale è scientificamente solido, l’obbligatorietà necessaria a causa della recente epidemia di morbillo in Italia (quasi 5.000 casi e almeno 4 morti dall’inizio del 2017) (4), innescata dal costante calo delle coperture vaccinali. Le sanzioni previste per le famiglie che non vaccinano propri bambini sono controverse, e certo non favoriscono il dialogo. Escludere dalle scuole dei bambini ignari è una soluzione drastica e non del tutto giustificata dal punto di vista epidemiologico: tre delle dieci vaccinazioni obbligatorie – quelle contro tetano, difterite e pertosse – sono infatti volte alla protezione personale e non alla prevenzione del contagio. Inoltre, in questo modo non si agisce sui veri responsabili, ovvero i genitori. Perché qui non c’è libertà di scelta che tenga. Un adulto avrà anche il diritto di rischiare la propria vita e la propria salute per le proprie errate convinzioni, ma non si può consentirgli di mettere a repentaglio quelle degli altri, specie di un bambino a lui affidato. Se i genitori non possono presentare uno studio serio e affidabile che confuti il sapere della comunità scientifica, la loro opinione non ha valore, per quanto animata da buone intenzioni. Il figlio non è una loro proprietà personale: se essi non tutelano il suo diritto alla vita e alla salute, è la collettività a dovervi porre rimedio.
Un appello ai dubbiosi
«Meglio non sapere nulla, che molte cose a metà!» fa esclamare Friedrich Nietzsche a uno dei personaggi di Così parlò Zarathustra, la più geniale delle sue opere. Ma la saggezza di chi cerca di spingersi al di là delle illusioni e delle meschinità umane è gemma rara: bisogna ritenersi fortunati di trovarne anche solo un minuscolo frammento. Negli ultimi tempi si è assistito a una commovente proliferazione di luminari e di esperti sull’argomento vaccinazioni. Se ne trovano ovunque: nei bar, nei ristoranti, in uffici di ogni genere, nelle scuole, per strada, sui mezzi di trasporto pubblici e privati. Ce ne sono alcuni persino in prigione. Il loro percorso formativo è tanto ampio quanto rigoroso: ognuno di costoro annovera nel suo curriculum centinaia di like sui post della fazione a cui ha deciso di aderire, e variegati spezzoni di articoli letti sui giornali o su qualche sito web più o meno dubbio. Se li si interpella, citano con tono concitato dati sconnessi di cui non afferrano le implicazioni, frasi di studiosi che non conoscono, risultati di studi che non hanno letto, principi scientifici o presunti tali con cui hanno poca o nessuna familiarità. Alla fine appare chiara una cosa: hanno scelto di prestare fede a ciò che meglio si adatta alla loro visione del mondo.
Per quanto sia umano prendere un partito di fronte alla complessità di una simile questione, tale atteggiamento è sbagliato, pericolosissimo. Perché fa entrare in gioco elementi irrazionali in una questione che di irrazionale non dovrebbe avere nemmeno l’ombra, alterando così le scelte, il destino e la salute di altre persone senza cognizione di causa, mentre d’altro canto non si opera in alcun modo per colmare la propria conclamata ignoranza. Informarsi su Internet è positivo, leggere articoli di giornali lo è ancor più, ma non basta. La medicina è un oceano sconfinato, con isole remote e profondità abissali: persino le riviste specialistiche, le enciclopedie e le parole dei professionisti, pur aprendo uno scorcio su quell’immensità, non rendono esperti. È doveroso rispettare chi sceglie di solcare quelle acque; non si può gettare l’ancora sul bagnasciuga e vantarsi di aver raggiunto il fondo dell’oceano.
Chi sospetta della scienza, deve sospettare anche della cosiddetta scienza alternativa, e non riporre a priori le proprie simpatie in chi ha l’aria dell’oppositore. E magari sarà utile sospettare anche di sé stessi e delle illusioni mai scalfite che ci si porta dentro. Così, forse, potremo evitare che qualcun altro muoia per le nostre idee…
di Alessandro Vigezzi
Riferimenti:
(1) Cfr. S. Barrett, A Critical Look at Defeat Autism Now! and the “DAN! Protocol”, in quackwatch.org, 1° Giugno 2015, all’indirizzo seguente
(2) L’intervista è apparsa sull’edizione locale di Bari del quotidiano La Repubblica, datata al 27 Marzo 2014, ed è consultabile qui
(3) L’intervista è andata in onda nella trasmissione televisiva Presa diretta, condotta da Riccardo Iacona e in onda su Rai Tre, il 10 Gennaio 2016. Disponibile al seguente indirizzo
(4) L’infografica settimanale che fornisce una panoramica sulla distribuzione dei casi di morbillo, segnalati a partire dal Gennaio 2017, è visionabile qui
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