Cultura Teatro

La Tempesta di Daniele Salvo

Fino al 7 ottobre 2018 al Globe Theatre di Villa Borghese va in scena “La Tempesta”, per la regia di Daniele Salvo; di seguito, la recensione che vi spiega perché vale la pena di andarlo a vedere.

Il Globe Theatre è una delle realtà teatrali più affermate e affascinanti della Capitale: si tratta della perfetta riproduzione dell’omonimo teatro londinese, dedicata perlopiù alla messa in scena dei lavori di Shakespeare ad opera dei più importanti registi del momento. Già solo una cornice come questa rende la fruizione di uno spettacolo qualcosa di unico e particolarissimo, capace di farimmergere appieno lo spettatore nelle commedie e tragedie del famoso drammaturgo inglese; poco importa dunque se la visibilità, specialmente dai palchi più laterali, risulta a volte piuttosto ridotta: ciò che ci circonda è talmente bello che adattarsi a delle condizioni non proprio perfette (dettate, peraltro, proprio dall’assoluta aderenza all’architettura del modello originale) non sarà affatto un problema né un peso. Per quanto riguarda in particolare lo spettacolo di Daniele Salvo, però, è consigliabile non prendere dei posti troppo decentrati: l’alta spettacolaritàdellascenografia e dellamessa in scena giustifica ampiamente la spesa di qualche euro in più. 

Proprio sulla spettacolarità vale la pena di soffermarsi. Tutto – dalla cura della scenografia alla gestione di luci e suoni, dalle splendide coreografie del corpo di ballo ai costumi e alla performance degli attori – sembra studiato per colpire, stupire, sconvolgere lo spettatore, che si trova così mesmerizzato e poi trascinato a viva forza nel mezzo di una terribile tempesta, perso per un’isola sconosciuta e sconvolto dai poteri soprannaturali di Prospero. 

La regia di Daniele Salvo è dunque ottima, ma non tutte le sue scelte potrebbero essere apprezzate, soprattutto per quanto riguarda la direzione dei suoi attori: lui, allievo, continuatore e secondo alcuni erede del compianto Luca Ronconi, spinge il suo cast a una recitazione fatta di pomposità a volte eccessiva, di attenzione a volte esasperata posta sulla pronuncia non già delle parole, ma addirittura delle singole sillabe. L’intento è certamente dar loro risalto, e far brillare ancor più la traduzione e l’adattamento già di per sé ineccepibili del copione shakespeariano; il risultato è però quello di gravare eccessivamente, almeno in alcune delle sue parti, uno spettacolo già carico di pomposità, e di spezzare ulteriormente un ritmo che di certo non si può definire incalzante, soprattutto per quella che dovrebbe essere una commedia. Inutile tentare di bilanciare tutto questo con la side story dedicata a Stefano, Trinculo e Calibano, che nella sua comicità triviale omaggia apertamente la commedia dell’arte: nonostante l’apprezzabile sforzo, si tratta della parte dello spettacolo riuscita peggio.

Anche il lavoro degli attori si attesta naturalmente su livelli altissimi. Nonostante le critiche fatte – e che dipendono in una certa misura da un gusto personale – la competenza e preparazione di ciascuno è innegabile, per quanto non sempre la loro prestazione sia ineccepibile: Valentina Marziali, dentro gli abiti di Miranda, si lascia andare a volte a un eccessivo lirismo, e Melania Giglio, sotto la (terrificante) maschera di Ariel, pur riuscendo forse come la migliore interprete nella pièce, indulge un po’ troppo spesso in un overacting che la porta eccessivamente sopra le righe. Il Maestro Ugo Pagliai, in ultimo, nei panni di Prospero, incespica numerose volte sulle sue battute, e i suoi sporadici silenzi sottintendono solo a volte a una pausa di riflessione, e fin troppe volte invece sono sintomo forse di uno studio non proprio puntuale dello script (ad ogni modo interpretato – sia chiaro – magistralmente).

In conclusione, La Tempesta si attesta su un livello mediamente altissimo, e nonostante alcune “pecche autoriali” potrebbero renderlo non facilmente digeribile per tutti gli stomaci, lo spettacolo vale decisamente il prezzo del biglietto.

di Davide Rubinetti


Nonostante il ritmo molto, anche troppo, lento, lo spettacolo è ben riuscito.

La messa in scena risente della tradizione di cui è figlio Daniele Salvo; la poetica di Luca Ronconi torna nelle scene serie della commedia evocata dal regista. Questa scelta, per quanto rallenti lo spettacolo e sia una tecnica recitativa di discutibile gusto, viene presa con abilità artistica da Salvo; infatti lo spettacolo risulta ben fatto nonostante ci si possa trovare in disaccordo con le scelte artistiche.

La migliore attrice è senza dubbio Melania Giglio, nei panni di Ariel; l’attrice dà prova di abilità recitative e canore di alto livello. Il peggior attore è senza dubbio Ugo Pagliai, il quale sbaglia più di una volta in modo fin troppo esplicito per un professionista in scena, nonostante il famoso “Testamento di Shakespeare” sia stato recitato in maniera davvero emozionante.

Uno spettacolo non frivolo e leggero, quindi riferito ad un pubblico attento ed interessato.

di Lorenzo Bitetti

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