Cultura Teatro

La bambola spezzata

Un’anziana signora abbandonata da tutti, senza nessuno a prendersi cura di lei; una figlia tormentata dal proprio passato, che cerca disperatamente di far pace con sua madre. Una storia di un riavvicinamento almeno tentato, di una riconciliazione dolorosa ma magari non impossibile. Ma cosa succede se la madre è un’orribile criminale di guerra?

È un dramma freudiano, La bambola spezzata, un dramma d’altri tempi, o piuttosto un dramma fuori dal tempo, che più che tra le pareti di una sala ha luogo tra le sale contorte della mente umana, nella testa di una donna che è costretta a venire a patti con la vita tremenda di una madre che non riesce a chiamare “mamma”; una donna che oppone la propria esasperata umanità alla disumana incarnazione di un orrore sconvolgente. È un cattivo da cartone animato, l’ex SS nostalgica interpretata da Alessandra Ferro: priva di compassione, dell’ombra di un pentimento, salda nella sua esaltazione meccanica del Reich e del Führer, giunonica, imponente, statuaria, disgustosa, grottesca tanto da diventare caricaturale, a tratti buffa, addirittura comica; ma ogni accenno di un sorriso si infrange in mille schegge di fronte agli orrori narrati a tratti con disarmante leggerezza da un’attrice che diventa personaggio a tal punto da trasformarsi in un incubo, al contempo spettrale e terribilmente tangibile. Sua figlia (Isabella Bellucci), un’attrice teatrale chiusa in un’impermeabile da eroina noir, affronta i suoi demoni con la forza d’animo di chi ha bisogno di scoprire che anche nel peggiore dei mostri può nascondersi un barlume di bontà, ma che non può far altro che assistere con sconcerto a un delirio che, più che a una confessione, assomiglia a un’apologia; e nel finale ogni contatto è negato, ogni contrasto è lasciato dolorosamente irrisolto.

Sullo sfondo, il suono martellante e straniante della fisarmonica di Marcello Fiorini, che riempie la stanza di orrori sinestetici e insostenibili: un’esecuzione perfetta, emozionale, senza sbavature. E la regia di Gianni De Feo, precisa al millimetro, sfrutta fino in fondo le possibilità del Teatro Stanze Segrete, con il pubblico viene chiuso attorno alle attrici in un ferro di cavallo che annulla i confini tra palco e platea, e tra platea e scenografia; gli specchi che coprono le pareti riflettono e moltiplicano lo spazio, offrono molteplici punti di vista che smaterializzano ulteriormente la scena, e la trasportano su un piano ancor più irreale, impalpabile, onirico. Le luci basse e cangianti danno nuova profondità ai volti delle attrici e caricano il dramma di ulteriore pathos.

«E quando venne il mese di maggio 

un regno millenario era finito» (*)

Forse però il sogno finisce troppo presto. Quando la porta della sala si riapre, si ha la sensazione che non sia ancora stato detto tutto, che ci siano ancora dei vuoti da colmare, contrasti se non da dirimere, quantomeno da affrontare; e fa strano che in un dramma così preciso, che funziona come un orologio, finisca tutto così in fretta, quando anche soli altri dieci minuti avrebbero potuto giovare così tanto all’equilibrio generale.

Il dramma scritto da Emilia De Rienzo, in conclusione, è potente, sconvolgente, straordinarionel più profondo senso del termine. Tuttavia, mentre la scelta di rifarsi all’Espressionismo teatrale tedesco è sicuramente vincente, non puòd’altra parteessere popolare. La bambola spezzata è uno spettacolo pesante e difficile, un’esperienza interessante, peculiare e al di fuori da quello che siamo abituati a vedere a teatro, ma proprio una scelta artistica così fuori dagli schemi lo rende uno spettacolo non adatto a tutti. I toni sempre alti, urlati, i gesti scattosi e iper-espressivi possono stuccare, persino compromettere la fruibilità dell’opera per alcuni spettatori; ciononostante, il consiglio non può che essere quello di passar sopra alle proprie idiosincrasie, e di dare ugualmente una possibilità a uno spettacolo che potrà non piacere, ma che di certo non potrà deludere.

di Davide Rubinetti

Uno degli spettacoli più belli sulla scena romana. Bambola spezzata di Emilia De Rienzo, per la regia di Gianni De Feo, è imperdibile. In attesa dell’inizio, io ed il signor Davide ci chiedevamo quanto fosse difficile fare teatro durante la manifestazione del Roma/Europa Festival a Roma, quando il pubblico intenditore di teatro si dedica ai grandi nomi che vengono a fare visita alla Capitale, ma questa rappresentazione ci ha dimostrato che non bisogna scordarsi gli spettacoli fuori dai festival, e che questi meritano veramente tanta attenzione quanto i grandi nomi. Uno spettacolo tedesco, in tutte le sue caratteristiche: espressionismo tedesco per la recitazione, musica tedesca, vestiti che richiamano una vecchia Germania, una storia tutta tedesca. Ma perché è imperdibile? Due attrici bravissime, un ottimo musicista che accompagna la storia, un’atmosfera surreale. Bravissimo il regista a sfruttare lo spazio-teatro al meglio, a impiegare gli specchi del teatro in modo espressionista. Luci bellissime, come anche i costumi ed il trucco.

È uno spettacolo tecnicamente poco criticabile e che riesce a travolgere emotivamente come pochi sanno fare. Il fatto ancora più bello è che in tutto questo clima tedesco il testo è di mano italiana e questo rende ancora più interessante lo spettacolo perché nasce in questa lingua, non rischia di perdere nulla nella traduzione. È italiano, e tedesco per adozione. Questa sua natura tedesca lo rende uno spettacolo speciale in un contesto che non è evidentemente il suo. Diventa sperimentale pur non essendolo. È difficile, se non impossibile, vedere uno spettacolo così in Italia. Non è per i neospettatori, ma è fortemente consigliato per gli amanti della Germania e per chi vuole fare un’esperienza nuova in teatro. Da voto 9,5/10

di Lorenzo Bitetti


Note:

(*) Traduz. it. di: «Und als dann kam der Monat Mai / War ein tausendjähriges Reich vorbei», da Epistel an die Augsburger (1945) di Bertolt Brecht.

Un commento su “La bambola spezzata

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